M’horò, l’araba fenice
di Antonio Falbo
Chi ha mai sentito parlare di M’horò? Ebbene nessuno poiché potremmo semmai associarlo al più famoso Mirò; tutt’al più a Ludovico il Moro, o ai mori di Venezia! Ma potrebbe accadere anche un evento clamoroso sulla scia di ciò che accadde nel 1930 a tal Guglielmo Sansoni: fece costruire una bara con tanto di annunci e affissione in città di manifesti riportanti il proprio nome e cognome con data di morte e ora della funzione religiosa. Davanti alla sua casa tanto di corone di fiori e nastri Viola. In breve tempo amici e parenti si recarono ad onorare la salma è manifestazioni di cordoglio da tutte le parti. A un certo punto il colpo di scena! Un uomo con tanto di bombetta e bastone spunta d’ improvviso: era proprio Guglielmo che, con fare gradasso, affermava che da quel momento era morto Sansoni per far nascere un nuovo artista col nome di “TATO”.
L’artista che ho scoperto il prossimo 23 agosto, presso il MAON, Museo d’arte dell’Otto e Novecento di Rende (CS), lo stesso luogo sacro per generazioni di artisti e privilegiato per un genio come Burri, brucerà in un enorme braciere i suoi vecchi lavori e assumerà lo pseudonimo di M’horò. Rinascerà dalle proprie ceneri come l’araba fenice capace di autogenerarsi dal fuoco e proporrà il suo nuovo prodigioso linguaggio per dialogare con la contemporaneità. M’horò è stato indicato dall’artista Angelo Brescianini, da poco scomparso, e tanto rimpianto, come il suo erede ideale proprio per la dirompente novità nell’uso dei materiali. Non più tele, disegni, ma forme pure scolpite nell’alluminio e nel ferro dei radiatori di automobili, camion, frigoriferi, gettati in discariche e recuperati ecologicamente da M’horò. Ricicla materiale industriale in una maniera originalissima: lo trasforma in arte e gli dà una nuova vita.
Le sue opere sembrano autentici ed elaborati ceselli in cui sintetizza la ricerca di forme plastiche nuove e di materiali gettati. Questa operazione è artistica perché M’horò rende flessuoso e in movimento ciò che sarebbe duro e resistente e lo modella come fosse duttile creta. Nelle sue mani nascono così le forme più fantasiose, sinuose e ricercate. Le forme prendono spunto da elementi naturali dalle forme e ritmo regolare. Il suo repertorio è fatto di motivi geometrici: triangoli, semicerchi, ovoidi, linee ondulate che sviluppano strutture molto articolate. Il suo modo di rappresentare lo spazio consiste nel difficile compito di conferire forma estetica al suo modello ideale, fatto di equilibrata fusione della luce, veicolata da splendide, brillanti smaltate policromie.
Il suo progressivo distacco dai repertori tradizionali, ci conduce verso l’elevata raffinatezza tecnica straordinario equilibrio tra pieni e vuoti. Le forme si muovono in spazi non privi di allusioni prospettiche. Il complesso sistema, composto da un sistema modulato di lamine metalliche, sembra essere sviluppato con la sapienza di un”magister faber”. M’horò sviluppa la sequenza di lamine metalliche lavorate e regala allo spettatore una carrellata di morbidezza e di modellato, orientata a esaltare l’effetto plastico. L’artista si cimenta in una particolare interpretazione di assonanze e accostamenti cromatici che creano un ritmo verticale, alternato e contrapposto a quello orizzontale. Egli accentua l’impostazione simmetrica continuamente tradita da impercettibili sfasature. Le sue strutture metalliche sono costituite con un sapiente equilibrio tra forme talvolta arrotondate o spigolose che generano un continuo vibrare della luce. Il ripetersi ritmico e isometrico dei moduli immersi in cromie elegantissime delle infinite lamelle genera nella mente del fruitore una vivace costruzione narrativa. Le forme presentano morbidezze di linee e creano unità compositiva. M’horò valorizza la linea fluida conferendo, al tempo stesso, un accento fiabesco che avvolge e dà definizione alle forme da lui tornite. Trasforma la materia bruta in materia preziosa impiegando lamine riflessate d’oro e d’argento talvolta incise, talvolta trattate con smalti policromi. Sono opere realizzate con straordinaria omogeneità stilistica che tende ad assumere un accentuato carattere decorativo. Le strutture si Intrecciano in arabeschi che accentuano il verticalismo. Spesso appaiono doppie strutture, con profilo convesso; altre basate su forme cilindriche che scaricano verso il basso le spinte laterali su delicati equilibri.