En Attendant M’horò

EN ATTENDANT M’ HORO. ( Maria Elena Loda )

“ E noi gli artisti senza nome

della scultura e della rima

la faremo rivivere

da oggi all’avvenire.

 

E questo e’ il tempo delle cattedrali

la pietra si fa

statua musica e poesia

e tutto sale su verso le stelle

su mura e vetrate

la scrittura è architettura.” ( Riccardo Cocciante, “ Il Tempo Delle Cattedrali” )

Alla vernice del 22 ottobre 2016 presso la “ Il Minotauro Fine Art Gallery” di Palazzolo sull’ Oglio, siamo così in tanti che è quasi impossibile muoversi. E tuttavia, pur non avendo attorno a noi specchi, siamo immersi in un continuo gioco di specchi e di illusioni. Dov’ è M’ Horo? Ce lo chiediamo in tanti: ‘ E’ lei, M’ Horo’?’ ‘ Io? Io no! E’ Lei?’ ‘ Chissà!’

‘ M’ Horo… cerchiamo M’ Horo. Nessuno l’ ha visto?’ A quanto pare nessuno. A quanto pare tutti.

Potrebbe essere chiunque: un allievo di Antonio Falbo, magari precocemente dotato per intraprendere questa ricerca artistica così moderna, brillante, post- apocalittica, steampunk, giovane, e nello stesso tempo tramata di antico metafisico.

Potrebbe essere la Santa Trinità dei suoi assistenti, ai quali toccano spesso compiti di ‘ rifinitura’: uno raschia, uno lucida, uno scartavetra, e di Tre alla fine fanno Uno.

Potrebbe essere lo stesso Antonio Falbo e questo, ci dice lui ridendo, è stato il sospetto iniziale di Vittorio Sgarbi.

M’ Horo é presente alla vernice, si dice, ma non vengono forniti indizi certi per riconoscerlo: come gli antichi artisti che scolpirono i Gargoyles e le rozze figure di pietra grigia dell’ Alchimia nelle Cattedrali medievali, continua a restare in incognito, e a far parlare solo il suo lavoro, tenendosi al riparo prima di tutto dai bisogni dell’ Ego. Come già diceva Novalis, l’ artista continua a ritenere che sia bene schermirsi dietro uno pseudonimo, per non disperdere il Messaggio.

Si devono guardare le mani, suggerisce un invitato, perché sono di certo mani da lavoratore dell’ Officina, sia quella meccanica del tornio, che quella artistica della cattedrale. Per domare la lamiera dei radiatori e fare torsioni di grattacieli così imponenti, come quelli destinati a New York, deve essere un uomo con una certa mole.

E però, più guardiamo mani, più misuriamo stazze, più ci spendiamo ad adocchiare un policromo splendore come l’ opera M025761, che sotto il riflesso della Luce appare quasi stoffa spiegazzata da grandi stilisti, più ci convinciamo che alla forza si accompagni anche una delicatezza che non necessariamente deve andare di pari passo con il fisico di un gigante. E poi, dopotutto, M’ Horo si è preso questi tre assistenti ben piazzati proprio per farsi aiutare. Quindi magari è davvero una donna, ed ecco spiegate le vezzosità pastello rosate, violette, verdine, di certe torsioni, che continuano a ricordarci corsetti ottocenteschi, per non parlare poi della coda dei pavoni.

La lamiera qui appare possente e diretta, monocolore, fatta da un Ercole schietto; e là appare così fragile e setosa, multicolore, che di certo è lo strascico regale di Giunone, o forse annoiato di Venere.

Qualcuno che SA, però, c’ è: ma non lo vuole dire almeno fino ad aprile.

Stiamo qui in sospeso, dunque, Aspettando M’ Horo, e la cosa ci ricorda inevitabilmente quel beckettiano Aspettando Godot, dove la Speranza del suo arrivo si accompagna invariabilmente all’ Incertezza dello stesso.

Si potrebbe dire che siamo al teatro dell’ assurdo: se è vero che non ritrattiamo assolutamente l’ impressione steampunk che abbiamo ricevuto dal primo incontro con l’ Opera dell’ artista, pensando subito alle suggestioni vittoriane della Rivoluzione Industriale e del vapore così come ce lo raccontano i romanzi di Jules Verne, di Arthur Conan Doyle, di Mary Shelley, di Thomas Elliot; ma stavolta, di fronte a queste cromature aurorali che alternano toni di rosa, verde, azzurro e oro sull’ argento luminoso, non possiamo non pensare che questo riciclo da discariche alla Fine del Mondo, e proprio in un momento di crisi globale, assuma ora i toni fuggenti e sovrannaturali dell’ Aspettativa di un Nuovo Inizio: in mezzo alle rovine della c.d. Junk Art appare un tocco di luce, una presenza fatata, una sagoma appena percettibile di Angelo, al punto che alcune cromature sembrano ricordare le sfumature bizantine delle pale d’ altare. Scuotiamo la testa, increduli che dalla post modernità possano riemergere… Giustiniano e Teodora in San Vitale.

Eppure è così: la Vera Arte non finisce mai di sorprenderci, quando è tale: perché da una prima, facile impressione che non crea alcun problema a chi deve descriverla, pian piano ne emerge una seconda, più profonda, più ardua da cogliere, più sottile- ed ecco che dalla Materia e dalla matericità con cui si trattano i materiali, passiamo allo Spirito, e tutto si avvolge di seraficità impredicabile. Si rimane a bocca aperta.

Del resto M’ Horo non desidera essere accostato a nessuno: conosce ovviamente i ricicli di Picasso, Duchamp, Burri, Picabia, Braque, le torsioni del Tempo deformato di Dalì, il Gioco dei Dadaisti, tutte esperienze di cui già abbiamo parlato in un’ altra critica allo stesso autore, ma cerca una sua strada, per poter portare avanti il linguaggio proposto da questi grandi, e trasformarlo in una sua maniera esclusiva: M’ Horo è il virtuoso del rifiuto.

Siamo alla Sublimazione, e quindi ecco che ci torna in mente il giudizio di Sgarbi proprio a proposito di questo nuovo, eclettico artista: ‘ La mentalità romantica è tutt’ altro che in via di sparizione dal pianeta.’

Di più: è pur vero che il Romanticismo ha dato l’ avvio al Neogotico, e il Neogotico, in letteratura, arte, poesia, cinema, ci avvolge da oltre tre secoli, come ben sanno gli intellettuali de “ Il Cuneo Gotico”, che sotto l’ egida di Enzo Biffi Gentili ne hanno ampiamente trattato nel loro triennale progetto ( “ Il Cuneo Gotico”, 2013- 2016 ). E cos’ era mai il Gotico, già nelle cattedrali sopra menzionate che alternano draghi e gargoyles a Madonne e Santi, se non quell’ Orrorifico faustiano che cerca, con tutto se stesso e con disperata testardaggine, la Sublimazione in una misura ricomposta a classica armonia? Dal Caos all’ Ordine, dunque, anche con M’ Horo, dallo steampunk e dalla junk art alla pala d’ altare e ai colori del Sopracielo: siamo anche nell’ anno in cui la Divina Commedia del Padre Dante verrà trasposta in film, quindi il Nostro Artista è quantomai in vibrazione col momento critico, e nello stesso tempo fermentante di Speranza, in cui si trova a vivere il Mondo: chi scalerà la Montagna del Signore? Chi ha mani innocenti e cuore puro, e le mani innocenti- in senso operoso, proprio- sono quanto più opportune laddove si voglia fare Arte, e farla sulla scìa di quegli sconosciuti, ma mai dimenticati, lavoratori delle Cattedrali, che opponevano la propria silenziosa saggezza di uomini semplici ma sinceri alla barbarie di un tempo, quello posteriore alla Caduta dell’ Impero, non certo facile. Ecco perché M’ Horo porterà in USA, umilmente e senza giudizio negativo, ma anche senza pentimenti, bandiere stracciate e grattacieli ritorti: per dire addio ad un Mondo, e cominciarne un Altro, senza dimenticare che per fare quest’ Opus Magna è necessaria una sosta successiva, un istante di raccoglimento ascetico interiore, da soli e soli con se stessi, per poter essere ancora più onesti.

E’ il momento in cui il gargoyle custode della Cattedrale Artistica torna a rivolgersi ai Santi per trovare Pace, ed esso è pietra grezza, non lavorata e non abbellita ancora: in Francia è chiamato ‘ Pietra Angolare’, ‘ Mastro Pietro del Cantone’, ed è raffigurato come un piccolo diavolo, o un povero diavolo, se vogliamo, che porta un enorme peso, quello di essere pilastro e fondamento del Mondo, quello materico e quello delle Idee, quello senza cui i pur solidi piloni della struttura non starebbero in piedi: il nostro gargoyles gotico- il Nostro Godot, dove la parola Godot è una forte assonanza con Art Goth, o Arte dei Goti, dei barbari- è nato nella fucina della discarica, disprezzato e gettato via perché non più utile o non bello, e attraverso le mani del lavorante nella Vigna del Signore, quel Magister Sconosciuto che l’ ha tratto fuori dai rottami per Salvarlo ancora una volta, ha ricevuto un Nuovo Tocco di Spirito che è Presenza, che è Lux Mundi: e da Godot Rinasce M’ Horo, dall’ Arte Barbara rinasce l’ Arte Classica.

Abbiamo bisogno di un Ritorno a Giustiniano. Abbiamo bisogno dell’ Horo di Santa Sofia. M’ Horo inizia a farcelo intravvedere, senza ancora rivelarsi, forse perché non si ritiene ancora compiuto, forse perché lui stesso, assieme alla sua Opera, si ritiene ancora in divenire.

Chissà che il prossimo anno la Trasmutazione Alchemica non sia arrivata al culmine dell’ Auredo, e noi tutti non si sia felicemente avvolti dalla Luce d’ Oro delle sue ( a venire ) Pale d’ Altare.

Finalmente l’ Attesa di M’ Horo si sarebbe compiuta, esattamente come si compie l’ Attesa dei Doni del Natale.